I giochi da bambino di Gengis Khan – Poesia di Liga Sarah Lapinska – Legge Chiara Pavoni

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I giochi da bambino di Gengis Khan – Poesia di Liga Sarah Lapinska – Legge Chiara Pavoni

I giochi da bambino di Gengis Khan - Poesia di Liga Sarah Lapinska - Legge Chiara Pavoni

I giochi da bambino
di Gengis Khan


Con cosa giocavi da bambino ?
Tu, che sei capo
delle tribù e delle loro vite?
Tu, l’interprete e il praticante
delle fate morgane desertiche
del Gobi, oh, Gengis Khan?
Tu, con la tua aura rossa
in quali fonti di vita
e in quali abissi
brillavi, scappavi?
Con quali sonagli
la tata tua, una centenaria,
o con una stampella di ginko
ti ha cercato di intimidire?
Quale scettro Il babbo tuo,
sempre ubriaco, sempre allegro
con te, il suo amato pastorino,
a causa della macellazione
del tuo primo agnello
ti ha regalato?
I lati del corpo
s’alzano di orrore.
Gli occhi strappano
e tutte e quattro le gambe
come la legna di ardere
sono legati insieme.
Gli agnellini
sono nati solo per vivere.
È una tale strana abitudine – macellare,
piuttosto che essere macellato.
Con chi giocavi tu
nella tua infanzia incompiuta?
Avevi la paura dei serpenti?
Ti è dispiaciuto per l’agnello?
Dopo, hai potuto
persino sorridere con tutti i denti?
Ecco, la tua unica bambola
proprio come
di un vagabondo ittita –
una catasta semplice.
Solo gli occhi tuoi sono
pietosi come di un agnello,
con l’odore del ginepro
e dell’ avventura selvaggia in essi.
Il serpente del Paradiso
produce i suoi succhi velenosi.
Una crosta non tagliabile
dall’albero di ginkgo
nel colle tuo di Giove,
nel palmo tuo sinistro.
L’amica nella tua lacrima.
Il profilo tuo di un’aquila
come
nei medaglioni persiani.
Un cerchio
del tuo orecchino brilla.
Ecco, il tuo ultimo diario,
ancora accogliente e tenero,
fino alla registrazione
nella grande mappa stellare,
in cui hai scritto già
con l’inchiostro l’antico egiziano
quello che non dovevi
nemmeno desiderare:
Voglio il mondo intero!
Gli agnelli legati urlano,
i giovani soldatini
la loro avara felicità
oltre l’orizzonte cercano,
in un altro inferno,
in un’altra Samarcanda,
in un’altra perla,
cos’altro sotto la laguna
tenta;
in un altro sogno
di tutti i futuristi.
Ma che sole triste
scava, sta scavando
le tue radici benedette
nelle ossa di un giovanotto,
non vissuto la vita abbastanza,
un pastorino.

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